Anni di giovinezza, vita di voluttà ...
come ne scorgo chiaramente il senso.

Quanti rimorsi inutili, superflui ...

Ma il senso mi sfuggiva, allora.

Nella mia giovinezza scioperata
si formavano intenti di poesia,
si profilava l'ambito dell'arte.

Perciò così precari i miei rimorsi!
E gl'impegni di vincermi e mutare,
che duravano, al più, due settimane.


Costantino Kavafis

mercoledì 15 settembre 2010

Onirico abbraccio!

Solo qualche ora fa mi sono ricordato una cosa: ieri notte ti ho sognato nonno. Chi l’avrebbe mai detto ? Io che non mi sono mai sentito legato a te,io che sono stato QUASI indifferente quando mi hanno detto per l’ennesima volta che eri sul punto di morte e ho cercato di avere lo stesso atteggiamento anche quando sei deceduto.
 Non so, non ci siamo mai capiti, neanche su un minima cosa, tu così lontano dal mio mondo d’infanzia, tu che eri violento e quasi crudele. Certo sono stato molto dispiaciuto quando ho saputo della tua morte ma volevo essere il più possibile coerente con me stesso. Mi sono chiesto: Che cosa mi mancherà di te adesso che non ci sei più ? NIENTE.
 Nessun ricordo felice se non una volta quando mi comprasti una merendina. Tanti invece gli schiaffi,  i momenti di terrore e quelli d’intransigenza.
 Quanto sei morto sono stato triste più che altro per il fatto che forse nessuno ti avrebbe pianto veramente per la persona che eri, per i bei momenti che avevi regalato, ma solo per quello che hai rappresentato: padre, marito, nonno. Erano quasi obbligati a essere tristi.
 Eppure ti ho sognato. Un sogno molto strano che non mi sarei mai aspettato. Ero in uno strano edificio,una specie di hotel/teatro e ti stavo cercando, e ti volevo salutare.
 Dovevo essere in Romania, ma era tutto molto particolare, sapevo che in quel luogo non ci sarei tornato presto e sapevo che quando lo avrei fatto tu non ci saresti stato più.
  E ti volevo salutare per l’ultima volta, volevo dirti addio. Ti ho cercato per un bel po’ e non sono riuscito a trovarti. Soltanto negli ultimi momenti ti ho intravisto vicino all’uscita dell’edificio; eri così diverso, così piccolo, fragile e indifeso. Eri alto circa un metro, come un bambino e sempre come tale ti sei avvicinato a me mentre ti venivo incontro.
 Mi hai abbracciato per la prima volta lasciandomi di stucco. Eppure inconsciamente quasi capivo il tuo dolore, il tuo grande rimpianto. Piangevi e mi stringevi forte a te quasi come se non volessi lasciarmi più andare.
 Tu che eri così duro, rozzo e insensibile mi tenevi stretto a te come se fosse l’unica cosa che volevi fare da anni. Sembrava quasi però che non abbracciassi solo me in quel momento, ma anche mio padre, quel tuo figlio da tempo defunto.
 Il figlio dal quale hai preteso così tanto, che ha cercato sempre di non deluderti, quel figlio che ti ha reso così orgoglioso, lo stesso figlio con il quale però non hai mai avuto un vero legame. Almeno una cosa ce l’abbiamo in comune.
 Era come se cercassi di farti perdonare per tutto quello che hai fatto, per quello che non hai fatto, per quello che hai detto e per quello che purtroppo non sei mai riuscito chiaramente a dire a chi era importante per te. Era come se cercassi di sopperire tutti quei vuoti che hai sempre ignorato o che hai fatto finta di ignorare.
 Nonostante tutto quello che hai fatto, capisco adesso che forse la vita è stata troppo ingiusta con te, meno corretta del solito, più crudele di quello che è giusto che sia.
 E adesso queste lacrime che quasi chiedono il permesso di venire giù non sono più per nonna che è rimasta molto più sola ma per te, persona a cui non ho mai tenuto veramente, a cui non ho voluto bene come si vede nei film, quando i ragazzini vanno dai propri nonni per farsi coccolare e raccontare vecchie storie. Questo non l’hai mai fatto ma forse neanche te eri stato abituato a questo. Eppure mi viene da piangere lo stesso.
 Sarà l’ora tarda, sarà il periodo o l’instabilità emotiva. Ma quel nostro abbraccio, seppur un sogno, anche adesso lo avverto così sincero e vero: mi hai fatto sentire fondamentale, mi hai fatto sentire quasi l’unica cosa buona che ti fosse rimasta e verso la quale purtroppo non hai mai dato nessun segno d’apprezzamento.
Forse neanche io l’ho cercato più vista l’incompatibilità dei nostri mondi  però adesso mi pento quasi di non esser neanche riuscito ad andare alla tua tomba per accendere una candela.
 Se lo avessi fatto magari adesso mi sentirei meno in colpa per la bugia che ti ho detto alla fine del sogno, quando ti ho lasciato in macchina con altre persone e ti ho detto che sarei ritornato a casa a piedi, e che ci saremmo visti e magari abbracciati di nuovo tra pochi minuti.
E tu quasi come un bambino obbediente non hai detto niente e ti sei fidato. Io sapevo benissimo che non sarei più tornato da te. E’ stato quello il mio addio.

4 commenti:

  1. Bello questo racconto, che so profondamente vero. L'hai scritto di getto e, tuttavia, sei riuscito a coinvolgermi moltissimo. Non entro nel merito dei contenuti che sono profondamente tuoi personali ma credo proprio che tu sia riuscito benissimo ad esprimerti anche in prosa.

    Continua a farlo :-D

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  2. Penso che la poesia sia stata un'ottima "gavetta" per comprendere meglio anche la prosa. =)

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  3. Silenzio. Solo puro silenzio può succedersi davanti a questo racconto. Solo una trascinata musica potrebbe accompagnarlo. Senza parole, un pugno allo stomaco, un pensiero per fermarsi. Uno sprazzo di arte. Un abbraccio

    Krypsenus

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  4. Grazie mille Fabio! Sono veramente contento che ti sia piaciuto questo post. Sono arrivato a piangere mentre lo scrivevo e fa piacere vedere che sono riuscito a coinvolgere in qualche modo anche qualcun altro oltre me stesso. :)

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